Итальянский перевод Р. Поджоли
Источник: Cantare della gesta di Igor / Introduzione, traduzione e commento di Renato Poggioli; Testo critico annotato di Roman Jacobson. Torino: Einaudi, 1954
- 1. Non s’addirebbe a noi forse, o fratelli, d’intonare con antichi accenti l’arduo racconto della gesta di Igor, di Igor figlio di Svjatoslàv?
- 2. Cominci dunque questo canto secondo le storie del tempo presente, non secondo la fantasia di Bojàn.
- 3. Che il vate Bojan, quando voleva comporre un canto a qualcuno, balzava in pensiero sugli alberi, o sul suolo a guisa di lupo grigio, o sotto le nuvole a guisa d’aquila azzurra.
- 4. Poiché, come diceva, al ricordarsi delle contese dei tempi andati, lanciava dieci falchi su uno stuolo di cigni: chi ne coglieva, quello per primo intonava il canto.
- 5. Però, fratelli, Bojan non lanciava dieci falchi su uno stuolo di cigni; posava invece le dita stregate sopra le corde viventi, e quelle da sole intonavano l’inno alla gloria dei principi: dell’antico Jaroslàv, del prode Mstislàv che trafisse Redèdja di fronte alle squadre circasse, di Roman il bello, figlio di Svjatoslav.
- 6. Cominciamo dunque, o fratelli, questo racconto… dall’antico Vladimiro fino a Igor del presente, che la mente ha temprato in fortezza, e il cuore affilato in virtù.
- 7. Ricolmo d’estro guerriero, egli guidò le sue brave legioni contro la terra cumana in prò della terra di Russia.
- 8. Ed Igor guardò allora al sole sereno ed i guerrieri suoi tutti ne vide avvolti di tenebra.
- 9. E Igor disse alla sua compagnia:
- 10. – Fratelli e compagni! meglio essere trucidati che cadere prigioni!
- 11. Montiamo, o fratelli, sui nostri svelti cavalli, che si possa mirare il Don azzurro! –
- 12. Di voglia avvampò l’intendimento del principe: e gl’impedi il segno la brama di gustare del grande Don.
- 13. – Voglio – disse – spezzare una lancia insieme con voi sullo stremo del campo cumano, o figli di Russia; voglio lasciarvi la testa, o bere del Don dentro l’elmo! –
- 14. O Bojan, usignuolo del tempo andato! trillassi tu di queste legioni, usignuolo, balzando sull’albero del pensiero, volando con la mente sotto le nuvole, intrecciando inni di gloria intorno a questo secolo, trascorrendo la traccia troiana dal piano ai monti!
- 15. A un tuo rampollo toccherebbe di cantare il cantico d’Igor:
- 16. «Non è la bufera che i falchi ha rapito oltre le vaste pianure; (né che) i gracchi fuggono a stormi verso il grande Don».
- 17. O forse, vate Bojan, nipote di Velès, cosi si dovrebbe intonare:
- 18. «Destrieri annitriscono oltre la Sula; inni echeggiano a Kiev; trombe squillano a Nòvgorod; s’ergono stendardi a Putivi’: Igor attende Vsèvolod, fratello suo caro».
- 19. E gli disse Vsevolod, toro focoso:
- 20. – Solo fratello, unica lucida luce, o tu Igor: ambedue siamo figli di Svjatoslav!
- 21. Sella, o fratello, i tuoi svelti cavalli!
- 22. I miei sono pronti, già sellati nei paraggi di Kursk.
- 23. E i miei uomini di Kursk sono prodi famosi: fasciati sotto le trombe, cullati fra i caschi, allattati alla punta delle lance.
- 24. I tramiti a loro son noti, e familiari i burroni: ben tesi hanno gli archi, dischiusi i turcassi, ed affilate le sciabole.
- 25. E balzano come lupi grigi per la steppa, in cerca d’onore per sé, e di gloria per il principe! –
- 26. Allora il principe Igor montò sulla staffa d’oro e cavalcò per la rasa pianura.
- 27. Il sole gl’ingombro il cammino di tenebra.
- 28. Svegliò gli uccelli la notte, gemebonda su lui di bufera; e li gremì in centurie il sibilo delle bestie feroci.
- 29. Div urla dalla vetta dell’albero, ed esige ascolto dalla terra estrania: dal Volga e dal Litorale, dall’Oltresula e Sugdea, da Chersoneso e da te, idolo di Tmutorokàn’…
- 30. E i Cumani fuggirono verso il grande Don per vie non battute; i loro carri gridano nel cuor della notte, quasi cigni sbandati: Igor guida i guerrieri alla volta del Don!
- 31. Innanzi della sciagura di lui gli uccelli si nascondono sotto le nuvole; nei burroni la bufera annunziano i lupi; le aquile col loro richiamo invitano le fiere alle ossa; ululano le volpi contro gli scudi scarlatti.
- 32. Tu sei ormai oltremonte, o terra di Russia!
- 33. Tardo s’estinse nella notte il crepuscolo.
- 34. S’incendiò l’alba e avvolse i campi una bruma.
- 35. S’assopì il gorgheggio degli usignuoli, risvegliando il chiacchierio dei gracchi.
- 36. I figli di Russia sbarrarono le vaste pianure dei loro scudi scarlatti, in cerca d’onore per sé, e di gloria per il principe.
- 37. II venerdì fin dall’alba incalzarono le pagane orde cumane e si sparsero come frecce per i campi, predando le belle fanciulle cumane, e con esse l’oro, i broccati e gli zendadi preziosi.
- 38. E con le cappe, i manti e le pelli gettarono ponti sugli stagni e sugli acquitrini: in breve, con tutti i paramenti cumani.
- 39. Un’impresa vermiglia e un labaro bianco, un rosso pennacchio e un’asta d’argento al bravo figlio di Svja-toslav!
- 40. Sonnecchia nel campo la forte nidiata di Oleg: ha trasvolato lontano.
- 41. Nata non era all’oltraggio del falco o dello sparviero, né di te, nero corvo, infedele Cumano!
- 42. Corre Gza come un lupo grigio; Koncàk gli apre il varco verso il grande Don.
- 43. L’indomani precoci albori sanguigni annunziano il giorno.
- 44. Dal mare sopraggiungono nuvole nere; vogliono i quattro soli offuscare: e dentro vi trasaliscono fulmini azzurri.
- 45. Ha da venire un gran tuono. Ha da cadere una pioggia di frecce dal grande Don.
- 46. Qui toccherà alle lance d’infrangersi e di scheggiarsi alle sciabole, contro gli elmi cumani, sulla sponda del Kajaly, nei paraggi del grande Don.
- 47. Tu sei ormai oltremonte, o terra di Russia!
- 48. Ecco i venti, nipoti di Stribòg, che soffiano dal mare a guisa di dardi contro le forti squadre di Igor.
- 49. Rintrona il terreno, i fiumi scorrono torbidi, nembi di polvere avvolgono i campi.
- 50. Le insegne annunziano: i Cumani vengono dal Done dal mare.
- 51. Ed hanno d’ogni parte assediato le schiere di Russia.
- 52. I figli del Diavolo sbarravano i campi di grida, e i prodi figli di Russia li sbarravano dei loro scudi scarlatti.
- 53. Vsevolod, toro furioso! piantato in difesa, tu saetti i guerrieri, e ne fai rintronare gli elmi con le daghe di lama franca.
- 54. Dovunque il toro ha balzato, sfavillando nell’elmo d’oro, là giacciono pagane teste cumane.
- 55. Spaccati con sciabole di buona tempra sono i caschi avari per opera della tua mano, o Vsevolod, toro furioso!
- 56. Largiva ferite, cari fratelli, dimentico d’onori e di beni, della rocca di Cernigov e del trono d’oro del padre, e delle carezze e dei vezzi della sposa diletta, la bella figlia di Gleb.
- 57. Già furono le stragi di Troia; trascorse il tempo di Jaroslav; più non sono le gesta di Oleg, di Oleg figlio di Svjatoslav.
- 58. Ma questo Oleg con la spada ferrò la discordia e seminò di dardi la terra.
- 59. Montò sulla staffa d’oro nella città di Tmutorokan’.
- 60. Allo stesso strepito aveva dato ascolto il grande Jaroslav d’una volta.
- 61. Ma il figlio di Vsevolod, Vladimir, a Cernigov si turava le orecchie tutti i mattini.
- 62. E Boris, figlio di Vjaceslàv, lo tradusse la vanagloria in giudizio e gli stese sull’erba verde della steppa il sudario per l’affronto ad Oleg, forte e giovane principe.
- 63. Dalla stessa erba, cullandolo fra i palafreni ungheri, Svjatopòlk trasportò il padre suo a Kiev in Santa Sofia.
- 64. Allora, ai tempi di Oleg rampollo di Malagloria, di discordie si fece semina e crescita; la dovizia del nipote di Dazbòg andò in rovina: e nelle contese dei principi s’accorciò la vita degli uomini.
- 65. Di rado si richiamavano per la terra russa i bifolchi, ma spesso i corvi gracchiavano spartendo fra loro i cadaveri, e le cornacchie ciarlavano nella loro favella: volevano volare al festino!
- 66. Cosi fu in quelle pugne ed in quelle campagne, ma d’una pugna cotale non s’era mai udito: dall’alba al vespro, dal vespro all’aurora volano le saette di buona tempra, le sciabole rintronan sugli elmi, scrosciano le lance d’acciaio franco.
- 67. Nell’estrania pianura, nel cuore della contrada cu-mana, il terreno annerito sotto gli zoccoli fu seminato d’ossa e irrigato di sangue: e in malanno germogliarono su per la terra di Russia.
- 68. Che strepito, che fragore giunge al mio orecchio ?
- 69. Stamani anzi l’alba Igor dà di volta alle schiere: gli rincresce di Vsevolod, fratello suo caro.
- 70. Si batterono un giorno, si batterono un altro: al meriggio del terzo giorno crollarono le insegne di Igor.
- 71. Allora i fratelli si separarono sulla sponda del Kajaly rapinoso.
- 72. Là venne meno il vino sanguigno.
- 73. Là al festino misero termine i bravi figli di Russia: dettero da bere ai loro cognati e caddero in difesa della terra di Russia.
- 74. Si curvò l’erba di cruccio: di pena piegò l’albero al suolo.
- 75. Perché, o fratelli, è giunta l’ora funesta: ormai il deserto ha sepolto il vigore.
- 76. Sorse la violenza fra le forze del nipote di Dazbog; comparve a guisa di vergine sulla terra troiana; batté l’ali sul mare azzurro, nei paraggi del Don: e suscitò tempi gravidi di contese.
- 77. Falli ai principi il trionfo sui pagani dacché il fratello disse al fratello: questo è mio, ed anche quest’altro; e i principi chiamarono grande quello che è piccolo, e si ferrarono da sé la discordia.
- 78. E i pagani irruppero da ogni lato in una con le vittorie sopra la terra di Russia.
- 79. Lungi è giunto il falco, fino al mare, facendo straged’uccelli!
- 80. Non è dato risorgere alla forte legione di Igor.
- 81. Implorò sulla traccia la prefica, e il compianto trasvolò sulla terra di Russia.
- 82. Scuotendo brace nel corno rovente, le donne di Russiaproruppero in pianto, dicendo:
- 83. – I nostri mariti non c’è più concesso di pensare in pensiero, d’ideare in idea, né di mirare con gli occhi: e ancora meno di toccare oro ed argento! –
- 84. Kiev, o fratelli, piange dunque di pena, e Cernigov di lutti.
- 85. L’angoscia traboccò sulla terra di Russia, e doglia ricolma si spanse in seno alla terra di Russia.
- 86. I principi si ferrarono da sé la discordia.
- 87. E i pagani irruppero in una con le vittorie sopra la terra di Russia, riscuotendo tributo d’uno scoiattolo per ogni fuoco.
- 88. Poiché i due forti figli di Svjatoslav, Igor e Vsevolod, risvegliarono l’inimicizia che il padre Svjatoslav, il magnifico e formidabile sire di Kiev, aveva domato e tenuto in tremore.
- 89. Con le forti legioni e le spade d’acciaio franco aveva invaso la terra cumana, varcato colline e burroni, intorbidito fiumi e laghi, inaridito torrenti e acquitrini, e divelto a guisa di turbine il pagano Kobjàk dall’insenatura marina, via dalle grandi e ferree squadre cumane: e Kobjak era crollato nella cittadella di Kiev, nell’aula di Svjatoslav.
- 90. Ed ora i Tedeschi ed i Veneziani, ed ora i Greci ed i Moravi decantano la gloria di Svjatoslav, e deplorano il principe Igor, che sprofondò il suo tesoro nel letto del Kajaly, e colmò d’oro i fiumi cumani.
- 91. Ed ora il principe Igor smontò dalla sella dorata, ma per la sella servile.
- 92. S’afflissero i baluardi delle città, e si prostrò l’allegria.
- 93. E Svjatoslav vide un torbido sogno sopra le alture di Kiev.
- 94. – Stanotte fin dal vespro mi vestivano – disse – d’un nero sudario sopra un letto di cedro.
- 95. Mi mescevano un vino azzurro misto a cordoglio.
- 96. Mi versavano da vuoti turcassi di Peceneghi infedeli una grossa perla sul petto.
- 97. E mi accarezzano: e già senza trave maestra è il soffitto della mia reggia dalla cupola d’oro.
- 98. Tutta la notte dal vespro i tetri corvi han gracchiato.
- 99. Comparve presso a Plesensk sul declivio una treggia: e la trassero verso il mare azzurro –.
- 100. E i boiardi dissero al principe:
- 101. – Ormai, o principe, la doglia ha conquistato la mente.
- 102. Che due falchi volarono dal trono d’oro del padre in cerca della città di Tmutorokan’, ovvero per bere del Don dentro l’elmo: ma ai falchi già sono state tarpate le ali dalle sciabole degl’infedeli, ed essi sono irretiti in maglie di ferro.
- 103. Abbuiò al terzo giorno; i due soli s’ottenebrarono; si spensero le due colonne di porpora ed affondarono in mare, e con esse le due giovani lune s’avvolsero d’ombra.
- 104. Sulle rive del Kajaly l’oscurità coperse la luce.
- 105. I Cumani si sparsero come una covata di gattopardi per la terra di Russia, e fino all’Unno ne trascorse il vasto furore.
- 106. Già si scagliò sulla gloria l’infamia.
- 107. Servitù già. abbatté libertà.
- 108. Div piombò ormai sulla terra.
- 109. Ed ora le belle vergini gotiche intonano inni sulle sponde del mare azzurro: tintinnando oro russo, cantano di questa età fosca e celebrano in cantilena la vendetta per Sarokàn’.
- 110. E noi, i compagni del principe, avidi siamo di gioia! –
- 111. Allora il grande Svjatoslav versò una parola d’oro mista di lacrime e disse:
- 112. – Figliocci miei, Igor e Vsevolod! presto prendeste a devastare con la spada la terra cumana, cercando a voi gloria: ma senza onore fu il vostro trionfo, poiché in disonore spargeste sangue di giusti.
- 113. In duro acciaio franco a voi son battuti i cuori gagliardi, e temprati di prepotenza.
- 114. Che avete fatto alla mia canizie d’argento ?
- 115. Più io non vedo l’imperio del mio forte e ricco fratello Jaroslav numeroso d’eserciti, coi suoi magnati di Cernigov ed i suoi condottieri, coi suoi Tatrani, Scel-biri, Topciacchi, Revùghi ed Olbèri: quest’ultimi, senza scudi, ma coi pugnali nella fodera degli stivali, vincono fra i clamori le armate, facendo risuonare la gloria degli avi.
- 116. Ma voi diceste: braveggiamo da soli; da soli otterremo la gloria futura, e fra noi spartiremo la gloria passata!
- 117. Forse è strano, o fratelli, à’un’vegliardo di ringiovanire?
- 118. Quando un falco è stato alla muda, in alto fa strage d’uccelli: né abbandona il suo nido all’oltraggio.
- 119. Questo è male: non ho più ausilio di principi! –
- 120. Ma ora i tempi si son capovolti!
- 121. Ora gridano a Rim sotto le lame cumane, e Volo-dìmir è sotto una pioggia di colpi.
- 122. Pena e duolo al figlio di Gleb!
- 123. O gran principe Vsevolod! perché da lungi non voli in pensiero a vegliare sul trono del padre?
- 124. Poiché l’acqua del Volga tu sai sparpagliare coi remi, e vuotare il Don con gli elmetti.
- 125. Se tu fossi qui, si venderebbe una schiava a un denaro, e un prigioniero ad un soldo.
- 126. Che tu sai in terraferma saettare con vive frecce di fuoco: con gl’intrepidi figli di Gleb.
- 127. Fiero Rjùrik, e tu, David! i vostri non navigarono forse sotto gli elmi d’oro nel sangue ?
- 128. La compagnia vostra gagliarda non mugghia forse come tori feriti da sciabole di buona tempra neh"estrania pianura ?
- 129. Montate, o signori, sulla staffa d’oro, per l’onta del tempo presente, per la terra di Russia, per le piaghe di Igor, il fiero figlio di Svjatoslav!
- 130. O Jaroslav di Galizia, otto volte prudente! alto t’assidi sul trono d’oro battuto, reggendo le montagne unghere con le tue squadre di ferro, sbarrando la strada regale, serrando al Danubio le porte, scagliando pietre al di là delle nuvole, dettando legge fino al Danubio.
- 131. Le tue tempeste trascorrono per le contrade; tu disserri le porte di Kiev; dal trono d’oro del padre tu saetti oltreterra i sultani.
- 132. Sire, saetta Koncak, lo schiavo pagano, per la terra di Russia, per le piaghe di Igor, il fiero figlio di Svja-toslav.
- 133. Focoso Roman, e tu, o Mstislav! l’audace pensiero trascina la vostra mente all’impresa.
- 134. Alto tu voli all’impresa nell’impeto, come il falco che si libra sui venti, voglioso di soggiogare un uccello in furore.
- 135. Stanno a voi corazze di ferro sotto gli elmi latini: ne ha terrore la terra, e molte genti, Unni, Lituani, Jatvinghi, Borussi e Cumani, gettarono via i giavellotti e piegarono il capo sotto le vostre spade d’acciaio franco.
- 136. Ma ormai, o principe, s’è ottenebrata per Igor la luce del sole, e l’albero s’è spogliato delle sue foglie in segno funesto.
- 137. Sono spartite le città lungo il Ros’ e lungo la Sula, e non è dato risorgere alla forte legione di Igor.
- 138. Ti chiama, o principe, il Don, e invita i principi alla vittoria.
- 139. I figli di Oleg, intrepidi principi, son pronti allo scontro.
- 140. Ingvar e Vsevolod! e voi tre, figli di Mstislav, o sei volte alati di non malvagia nidiata! Alla sorte della vittoria vi guadagnaste i vostri retaggi.
- 141. Che n’è dei vostri elmi d’oro, dei giavellotti polacchi, e degli scudi?
- 142. Serrate le porte alla steppa con le vostre aguzze saette, per la terra di Russia, per le piaghe di Igor, il fiero figlio di Svjatoslav!
- 143. Ormai la Sula non scorre più coi suoi flutti d’argento in prò della rocca di PerejaslàvF, e fra il clamore degl’infedeli melmosa scorre la Dvina per quegli di Pòlock, già tenuti per formidabili.
- 144. Solo Izjaslàv figlio di Vasil’kò fece rintronare con le spade affilate gli elmi lituani, abbattendo la gloria del suo avo Vseslàv: e cadde sull’erba insanguinata sotto gli scudi scarlatti, abbattuto dalle spade lituane, quasi su letto nuziale.
- 145. Già disse Bojan:
- 146. «O principe, ali d’uccello copersero la tua compagnia,e ne leccarono il sangue le fiere!»
- 147. Là non fu il tuo fratello Brjacislàv, né l’altro, Vse-volod: solitario lasciasti sfuggire l’anima di perla dal corpo gagliardo traverso alla collana d’oro.
- 148. S’afìievoliron le voci, e venne meno la gioia: squillano le trombe di Gorodèc.
- 149. Jaroslav e voi tutti, rampolli di Vseslav! è ora per voi d’abbassare le insegne e d’inguainare le spade scheggiate.
- 150. Poiché voi traviaste dalla gloria dell’avo.
- 151. Poiché con le vostre discordie incominciaste ad attrarre i pagani sulla terra di Russia, e sull’eredità di Vseslav.
- 152. E per il dissidio provenne violenza dalla terra cumana nel settimo millennio, sulla terra troiana.
- 153. Vseslav gettò le sorti per la donzella onde era vago.
- 154. Destramente, facendo pernio della lancia, saltò fino alla rocca di Kiev e con l’asta toccò il trono d’oro di Kiev.
- 155. Balzò via a mezzanotte da Belgorod furtivo come una bestia feroce, ammantandosi d’azzurra bruma.
- 156. La sua parte in tre morsi strappò via di fortuna: spalancò le porte di Novgorod e frantumò la gloria di Jaroslav.
- 157. Balzò come un lupo fino al Nemiga, e lasciò la sua posta sull’aia: sul Nemiga fanno covoni di teste, le trebbiano con flagelli d’acciaio franco; sull’aia stendon la vita e via dal corpo vagliano l’anima.
- 158. Le sponde sanguinose del fiume Nemiga furono seminate in malora: seminate d’ossa di figli di Russia.
- 159. Vseslav il principe agli uomini dava giustizia, da principe le città governava, ma di notte vagava in forma di lupo: giungeva da Kiev a Tmutorokan’ prima del canto del gallo, e al grande Chors in forma di lupo tagliava la via.
- 160. Per lui a Polock scampanavano a mattutino a Santa Sofìa, e lui a Kiev udiva i rintocchi.
- 161. Benché recasse un’anima di stregone nel duplice corpo, spesso soffri crudelmente.
- 162. Per lui il vate Bojan primamente proferì da savio ilsuo detto:
- 163. «Né il perfido, né l’astuto, né l’uccello ciarliero sfugge al giudizio di Dio».
- 164. É ora di gemere per la terra di Russia, rimembrando i primi tempi e gli antichi principi!
- 165. Vladimiro l’antico non si sarebbe lasciato inchiodare alle montagne di Kiev.
- 166. Che ora i suoi vessilli appartengono gli uni a Rjurik gli altri a David, ma i loro pennoni sventolano in senso contrario.
- 167. Cantano le lance sopra il Dunàj.
- 168. Echeggia fino a me la voce di Jaroslavna: come il cuculo chiama alla terra estrania fin dal mattino.
- 169. – Volerò – dice – lungo il Dunaj come il cuculo.
- 170. Nel Kajaly immergerò la mia manica di castoro.
- 171. Detergerò le piaghe sanguinose del principe sul suocorpo robusto. –
- 172. Piange all’alba dal baluardo a Putivi’ Jaroslavna dicendo:
- 173. – O vento, venticello! perché, o signore, soffi con tanta violenza?
- 174. Perché sollevi le saette unghere sulla tua ala noncurante contro i guerrieri del mio sposo?
- 175. Non ti basta di soffiare in alto sotto le nuvole, e di dondolare i navigli sul mare azzurro?
- 176. Perché, o signore, hai sparto la mia gioia sull’erba verde della steppa? –
- 177. Piange all’alba dal baluardo a Putivi’ Jaroslavna dicendo:
- 178. – O Dnjèper, figlio di Slavùta! t’inoltrasti fra i monti petrosi attraverso la terra cumana.
- 179. Fino all’orda di Kobjak tu cullasti su te i vascelli diSvjatoslav.
- 180. Fino a me, o signore, culla il mio sposo sui flutti, che io non mandi al mattino lacrime a lui verso il mare –.
- 181. Piange all’alba dal baluardo a Putivi’ Jaroslavnadicendo:
- 182. – Chiaro sole, tre volte chiaro! a tutti caldo e bellotu sei.
- 183. Perché, o signore, vibrasti il tuo raggio ardente sui guerrieri del mio sposo, gli archi nell’arido campo seccasti a loro d’arsura, e d’angoscia ne serrasti i turcassi ? –
- 184. A mezzanotte il mare trabocca; s’avanzano trombe marine; fra le brume al principe Igor Iddio insegna la via dalla terra cumana alla terra di Russia, al trono d’oro del padre.
- 185. Si spensero i bagliori del vespero: Igor dorme, Igor veglia, Igor misura le pianure in pensiero, dal grande Don al piccolo Donèc.
- 186. Afferrato un cavallo, a mezzanotte fischia Vlur d’oltre il fiume; vuole che il principe intenda: non più supplizio per il principe Igor.
- 187. Rintrona la terra, fruscia l’erba, s’agitano le tende curnane.
- 188. Ma il principe Igor come ermellino si gettò nel canneto, e come anatra bianca nell’acqua.
- 189. Balzò sullo svelto cavallo, e ne sbalzò giù quasi lupo di bianca zampa.
- 190. Si slanciò verso i prati del Donec, e volò come falco sotto le brume, abbattendo oche e cigni per il pasto mattutino, e per pranzo e per cena.
- 191. Mentre Igor vola a guisa di falco, Vlur corre intanto a guisa di lupo, via scuotendo da sé la rugiada gelata: che ambedue sfiancarono i loro svelti cavalli.E disse il Donec:
- 192.
- 193. – Principe Igor! piccolo non è il tuo trionfo, né il cruccio a Konéak, né il gaudio alla terra di Russia! –
- 194. Igor disse:
- 195. – O Donec! piccolo non è il tuo trionfo, che hai cullato il principe sulle tue onde, che gli hai steso un giaciglio d’erba verde sulle tue rive d’argento, che l’hai vestito di tepide brume sotto l’ombra d’un albero verde!
- 196. Tu lo vegliasti sull’acqua con l’anatra, con i gabbiani sui flutti, e con l’anatra nera sui venti! –
- 197. Già cosi non parlò il fiume Stugna: dotato d’una corrente meschina, dopo aver inghiottito estranii ruscelli e torrenti, schiacciò fra due cespugli Rostislàv il giovane principe, e lo serrò dentro un gorgo presso alla scura sua sponda.
- 198. Piange la madre di Rostislàv per Rostislàv, giovane principe.
- 199. Di pietà languono i fiori, e di pena piegò l’albero al suolo.
- 200. Non sono le gazze che ciarlano: ma Gza che cavalca con Koncak sulla traccia di Igor.
- 201. Ora non gracchiano i corvi: tacciono le cornacchie ele gazze non ciarlano.
- 202. Soltanto i picchi s’arrampicaron sui salici: indicano la via del fiume col picchettio; e gli usignuoli coi loro canti di giubilo annunziano il giorno.
- 203. Disse Gza a Koncak:
- 204. – Se vola il falco al suo nido, noi due trafiggeremo il figlio del falco con le nostre saette dorate –.
- 205. E Koncak disse a Gza:
- 206. – Se vola il falco al suo nido, noi due irretiremo il falconcello con una bella fanciulla –.
- 207. E Gza disse a Konòak:
- 208. – Se l’irretiremo con una bella fanciulla, noi due non avremo più né il falconcello né la bella fanciulla, ed essi prenderanno ad abbattere i nostri uccelli nella pianura cumana –.
- 209. Già fino al figlio di Svjatoslav disse e predisse Bojan, il cantore del tempo andato, del tempo di Jaroslav e di Oleg, primi sovrani:
- 210. «Se ti pesa, o testa, di restare priva di spalle, o corpo, quanto male ti fa di restare privo di collo», e te priva di Igor, o terra di Russia!
- 211. Sfavilla il sole nel cielo: il principe Igor è in terra di Russia!
- 212. Cantano le fanciulle sopra il Danubio, ed attraverso il mare le loro voci si librano fino a Kiev.
- 213. Igor cavalca per la via di Boriéev verso la Santa Vergine della Torre.
- 214. Le contrade giubilano, le città esultano.
- 215. Cantato il canto ai vecchi principi, è ora la volta di cantare alla gloria dei giovani.
- 216. Gloria a Igor figlio di Svjatoslav, a Vsevolod toro furioso, a Vladimir figlio di Igor!
- 217. Vivano i principi e la compagnia, che pugnano per i cristiani contro le orde pagane!
- 218. Ai principi gloria, ed onore alla compagnia!
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Орехов Б. В. Параллельный корпус переводов «Слова о полку Игореве»: итоги и перспективы // Национальный корпус русского языка: 2006—2008. Новые результаты и перспективы. — СПб.: Нестор-История, 2009. — С. 462—473.